Il 2025 porta con sé importanti novità per le pensioni minime, a seguito dell’adeguamento annuale calcolato secondo il meccanismo della perequazione, che serve ad aggiornare gli importi in base all’andamento dell’inflazione e a tutelare il potere d’acquisto dei pensionati. Quest’anno, le modifiche introdotte sono rilevanti soprattutto per chi percepisce assegni inferiori o pari al trattamento minimo, ma coinvolgono anche il sistema di rivalutazione applicato ai pensionati con redditi diversi. Approfondiamo, dunque, cosa cambia nel dettaglio.
Adeguamento all’inflazione e nuova perequazione
Ogni anno, l’INPS provvede a ricalcolare gli importi delle pensioni seguendo il valore dell’inflazione registrato nell’anno precedente. Nel 2025, si assiste a un tasso di rivalutazione sensibilmente ridotto rispetto al passato: dopo il +5,4% del 2024, la percentuale per il 2025 scende al +0,8%. A questa si aggiunge, esclusivamente per le pensioni di importo uguale o inferiore al trattamento minimo, una maggiorazione aggiuntiva del 2,2% che porta l’aumento totale al 3% rispetto all’anno precedente.
Questo significa che mentre la maggior parte dei pensionati vedrà un adeguamento modesto, chi si trova nella fascia più bassa beneficerà di un incremento più consistente, a compensazione della debolezza dei redditi più fragili rispetto all’aumento del costo della vita.
Nuovi importi della pensione minima
Per effetto di questi aggiornamenti, il trattamento minimo INPS per il 2025 sale da 603,40 euro a 616,67 euro mensili, grazie all’incremento combinato di +0,8% derivante dalla normale perequazione e dell’aumento straordinario del +2,2%. Nel dettaglio, l’adeguamento comporta un aumento mensile di 13,27 euro per tutti i titolari di assegni di importo pari o inferiore al minimo.
La determinazione precisa dell’importo tiene conto delle seguenti fasce:
- Pensioni pari o inferiori al minimo: +3% (0,8% di perequazione ordinaria + 2,2% aggiuntiva)
- Pensioni tra 1 e 4 volte il minimo: +0,8% (perequazione completa sulla fascia)
- Pensioni tra 4 e 5 volte il minimo: +0,72% (90% della perequazione)
- Pensioni oltre 5 volte il minimo: +0,60% (75% della perequazione)
È chiaro come l’aumento sia più evidente per le fasce di reddito più basse, mentre chi percepisce pensioni più elevate vede un adeguamento molto limitato rispetto all’anno precedente, a tutela delle esigenze dei meno abbienti.
Ritorno al sistema di rivalutazione a fasce
Le modifiche introdotte nel 2025 non si limitano solo agli importi, ma tornano anche ad applicare il meccanismo di rivalutazione a fasce previsto dalla legge n. 160/2019. Dopo la sperimentazione del sistema a scaglioni (usato nel 2024), quest’anno si torna a un sistema progressivo che garantisce la rivalutazione piena per le pensioni più basse e una progressiva riduzione della percentuale di perequazione con l’aumentare del reddito pensionistico.
Come funziona la rivalutazione a fasce?
La rivalutazione a fasce stabilisce differenti percentuali di adeguamento in base all’importo della pensione:
- Pensioni fino a 4 volte il minimo: rivalutazione al 100% della variazione Istat
- Pensioni tra 4 e 5 volte il minimo: rivalutazione al 90% della variazione
- Pensioni oltre 5 volte il minimo: rivalutazione al 75% della variazione
Questo modello viene ritenuto più equo, perché garantisce a chi percepisce una pensione bassa una tutela completa rispetto ai rincari del costo della vita, mentre si limita la crescita per chi gode di una base reddituale pensionistica superiore.
Altri cambiamenti e prospettive future
Oltre agli aumenti sulle pensioni minime, va segnalata una continua attenzione alle misure di salvaguardia per i pensionati più deboli, che potrebbero essere sottoposti a ulteriori verifiche o revisioni qualora l’inflazione reale dovesse superare le attuali previsioni.
Il dialogo tra istituzioni ed enti previdenziali è ancora aperto sulla possibilità di future integrazioni straordinarie o bonus specifici, ma al momento nessuna misura ulteriore è stata calendarizzata ufficialmente rispetto alla rivalutazione appena descritta.
La gestione della rivalutazione pensioni rappresenta ogni anno un importante banco di prova per le politiche sociali, poiché investe direttamente la tutela dei cittadini più vulnerabili e la sostenibilità complessiva del sistema previdenziale.
Da una prospettiva storica, è importante ricordare che l’istituto della pensione minima, introdotto con la legge n. 638 del 1983, nasce proprio come integrazione per chi non riesce a raggiungere, con i soli contributi versati, una prestazione adeguata e dignitosa. Oggi, pur tra dibattiti e aggiornamenti progressivi, questa logica di protezione resta centrale nei meccanismi di calcolo.
Riassumendo, nel 2025 le pensioni minime aumentano a causa della doppia rivalutazione totale del 3%, si consolida il ritorno alla rivalutazione a fasce e si conferma la volontà delle istituzioni di proteggere il potere d’acquisto dei pensionati meno abbienti in una fase di inflazione contenuta ma non trascurabile.