Conviene tenere i soldi in banca? ecco quanto ti stanno rubando

Tenere i soldi in banca è percepito da molti come una scelta sicura e razionale, soprattutto in Italia, dove la cultura del risparmio e della protezione del capitale è storicamente molto radicata. Tuttavia, se si analizza nel dettaglio il funzionamento degli istituti bancari, i costi che gravano sui depositi, l’erosione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione e la varietà di alternative disponibili, la questione diventa più complessa di quanto possa sembrare a prima vista.

I rischi reali: inflazione, costi e imposte

Quando un risparmiatore lascia i propri soldi su un conto corrente o su un conto di deposito tradizionale, spesso sottovaluta come l’inflazione incida sul valore reale di quel denaro. L’inflazione, cioè il costante aumento dei prezzi al consumo, riduce gradualmente il potere d’acquisto dei risparmi non investiti. Se il tasso di interesse riconosciuto dalla banca è inferiore all’inflazione annua, il risultato è una perdita secca anche se il saldo nominale resta invariato. Nel 2025, il tasso interbancario medio a tre mesi in Italia si attesta circa all’1,99%, mentre i tassi di riferimento fissati dalla BCE oscillano tra il 2,5% e il 3,5% secondo le previsioni macroeconomiche.

Purtroppo, i conti correnti standard offrono rendimenti vicini allo zero. Anche i conti deposito vincolati più generosi arrivano in media al 2,08% circa sui nuovi depositi a metà 2025, con valori solo leggermente superiori alla media dell’eurozona. Se nel medesimo periodo l’inflazione italiana si attestasse al 4%, il “rendimento reale” sarebbe negativo: ogni anno il risparmiatore perderebbe il 2% del valore d’acquisto per effetto della differenza tra rendimento lordo e tasso di inflazione.

A questo va sommato il costo degli oneri annuali, quali le spese di tenuta conto – spesso di alcune decine di euro l’anno – e le imposte, tra cui la tassa di bollo obbligatoria di €34,20 annui, senza contare eventuali commissioni su operazioni o servizi accessori.

Il “furto” silenzioso: la perdita invisibile del patrimonio

Molti canali di informazione finanziaria e divulgatori hanno sottolineato che lasciare il denaro inattivo in banca equivale a essere “derubati” in modo indiretto. L’effetto combinato di inflazione, costi bancari e tasse di deposito lavora contro il risparmiatore:

  • Il capitale depositato decade lentamente, senza che il proprietario ne percepisca la diminuzione fino a che non confronta i prezzi attuali con quelli di qualche anno prima.
  • Le banche impiegano quel denaro per erogare prestiti a tassi ben più elevati di quanto riconoscano ai correntisti, trattenendo la differenza come margine di guadagno e remunerazione del rischio. Questo meccanismo fa parte della normale funzione bancaria, ma la sproporzione fra ciò che viene pagato sui depositi e il profitto realizzato dagli istituti genera spesso malcontento.
  • L’imposta di bollo è dovuta per legge, a prescindere dal servizio erogato o dal rendimento effettivo dei conti.

Di conseguenza, il denaro lasciato fermo in banca subisce ogni anno una sottrazione silente di valore. Da qui nasce il sentimento diffuso che “i soldi depositati vengano rubati”, non tanto dal punto di vista giuridico, quanto economico e patrimoniale.

Sicurezza vs. rendimento: dove sono protetti davvero i capitali?

Al netto delle criticità, tenere i soldi in banca offre vantaggi concreti dal punto di vista della sicurezza. I fondi presenti su conti correnti o depositi nei principali istituti italiani sono coperti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi fino a 100.000 euro per depositante e per banca. Ciò significa che, in caso di fallimento della banca, i risparmi fino al predetto importo sono garantiti e rimborsati. Questa garanzia è inesistente se si custodisce il denaro in casa, dove il rischio di furto o smarrimento ricade interamente sul singolo individuo.

Nonostante ciò, la garanzia sulla sicurezza non si accompagna a una remunerazione sufficiente. Ecco perché chi dispone di importi superiori alle esigenze di liquidità dovrebbe diversificare, allocando parte del patrimonio in strumenti più redditizi.

  • Conti deposito vincolati: rendono un po’ di più ma bloccano il capitale per periodi da tre mesi a diversi anni.
  • Titoli di Stato: come BTP e BOT, offrono sicurezza, liquidità e rendimenti spesso superiori ai conti bancari classici.
  • Fondi monetari ed ETF a basso rischio: permettono di accedere ai mercati finanziari mantenendo un profilo di rischio contenuto.
  • Investimenti diversificati: per chi è disposto ad accettare una minima quota di rischio, è possibile bilanciare liquidità e rendimento con prodotti assicurativi, PAC, azioni, obbligazioni e altro.

Strategie pratiche per proteggere e valorizzare i risparmi

La chiave per non vedere “rubato” il proprio patrimonio consiste nell’acquisire consapevolezza e agire in base alle proprie esigenze, con un semplice schema operativo:

  1. Limitare la liquidità in eccesso su conti correnti alle reali necessità quotidiane (ad es. uno o due mesi di spese vive).
  2. Trasferire eventuali risparmi a medio-breve termine su conti deposito vincolati: si guadagna qualcosa in più mantenendo una buona flessibilità.
  3. Valutare investimenti sicuri per il capitale destinato a esigenze di medio-lungo periodo, scegliendo in base al profilo di rischio e agli obiettivi personali.
  4. Monitorare periodicamente sia tassi che condizioni applicate dalle banche, migrando laddove le condizioni migliorino sensibilmente.
  5. Considerare le alternative offerte dalle Poste Italiane, dai titoli di Stato e dagli strumenti a basso rischio per chi ha una bassa propensione alla volatilità.

Va ricordato che la funzione primaria degli strumenti da tenuta di liquidità (conti correnti, carte prepagate, libretti postali) non è produrre rendimento, bensì garantire praticità, sicurezza e accessibilità immediata ai fondi. Per lavorare davvero i propri risparmi invece è necessario studiare, pianificare e differenziare, evitando così che banche, imposte e inflazione riducano la ricchezza faticosamente accumulata nel tempo.

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