Abbronzatura in acqua o fuori: dove ci si scurisce di più e perché succede

L’esposizione al sole induce la pelle a produrre melanina, portando al caratteristico effetto dell’abbronzatura. Tuttavia, la velocità e l’intensità con cui ci si abbronza possono variare in modo significativo a seconda che ci si esponga direttamente ai raggi solari all’asciutto o si trascorra del tempo in acqua. Questo fenomeno nasce dall’interazione complessa tra la radiazione ultravioletta (UV), la superficie dell’acqua e le caratteristiche specifiche dell’ambiente.

Il processo di abbronzatura: meccanismi e stimoli

Tutte le volte che la pelle entra in contatto con i raggi UV, in particolare UVB e UVA, i melanociti presenti nell’epidermide vengono stimolati a produrre melanina. Questa sostanza scura non ha solo una funzione estetica, ma rappresenta una risposta protettiva dell’organismo contro i danni potenzialmente causati dalla radiazione solare, come scottature, invecchiamento precoce e, nei casi più gravi, tumori cutanei. È importante comprendere che l’abbronzatura è una reazione fisiologica della pelle volta a limitare i danni del sole ma, al tempo stesso, esporsi in modo eccessivo senza le dovute precauzioni comporta rischi per la salute .

Molti credono che l’acqua sia un ostacolo per i raggi UV e che, immergendosi, si sia protetti; al contrario, questa convinzione è solo parzialmente corretta e, anzi, può favorire comportamenti rischiosi e scorretti sotto il sole.

In acqua ci si abbronza di più?

La sensazione di prendere più sole in acqua rispetto a quando si è fuori è diffusa. Tuttavia, la fisica della radiazione UV spiega in modo chiaro ciò che avviene realmente. L’acqua costituisce un parziale filtro per i raggi UVB (quelli più responsabili delle scottature), mentre gli UVA — più energetici e profondi — riescono a penetrare meglio anche sotto la superficie. Ciò significa che restando immersi, specialmente nei primi centimetri d’acqua, la pelle riceve comunque una quantità significativa di raggi ultravioletti .

Un elemento chiave è il fenomeno della riflessione: l’acqua, in particolare se agitata o trasparente, riflette solo in minima parte i raggi UV (luce ultravioletta), mentre la parte superiore dell’epidermide continua a ricevere una dose importante di radiazioni dal sole, sia direttamente sia attraverso i raggi che penetrano l’acqua stessa. Studi scientifici specifici hanno dimostrato che la riflessione sull’acqua non gioca un ruolo predominante rispetto, ad esempio, al riverbero generato dalla sabbia o dalla schiuma del mare, che possono riflettere rispettivamente il 15% e fino al 25% dei raggi ultravioletti .

Inoltre, l’acqua può creare una falsa percezione di freschezza, riducendo il rischio percepito di scottature: se il corpo non avverte calore intenso, si può tendere a prolungare la permanenza al sole senza protezioni adeguate, aumentando i danni senza rendersene conto.

Abbronzarsi fuori dall’acqua: fattori in gioco

Quando ci si reca in spiaggia e si rimane fuori dall’acqua, l’esposizione diretta ai raggi solari è decisamente più intensa, soprattutto nelle ore centrali della giornata. Qui, diversi fattori contribuiscono ad aumentare il rischio e l’intensità dell’abbronzatura:

  • Assenza di barriera filtrante: Non essendo immersi, nessuno strato d’acqua scherma parzialmente i raggi UV.
  • Riflesso ambientale: In spiaggia, la sabbia e la schiuma marina riflettono una porzione significativa dei raggi ultravioletti, aumentando la quantità totale di UV che raggiunge la pelle .
  • Superficie corporea esposta: Spesso, fuori dall’acqua si indossa ancora meno, incrementando la porzione di pelle sottoposta al sole.

Per questo motivo, in assenza di ripari (come un ombrellone) e senza adeguata protezione solare, l’abbronzatura sarà generalmente più rapida e intensa rispetto alla permanenza in acqua, poiché tutti i raggi UV raggiungono la pelle senza ostacoli e con una componente aggiuntiva dovuta al riflesso.

Le differenze tra riflessione e penetrazione dei raggi UV

Il confronto quantitativo tra abbronzatura in acqua e all’asciutto ruota attorno ai diversi meccanismi di azione dei raggi ultravioletti:

  • In acqua: L’acqua assorbe una parte degli UVB mentre lascia passare buona parte degli UVA. L’effetto filtro aumenta progressivamente con la profondità: già a 50 cm l’intensità cala in modo significativo, ma nei primi centimetri la differenza rispetto all’esposizione all’asciutto è minima . Inoltre, onde, schiuma e riflessioni trasversali possono portare i raggi UV da diverse angolazioni, complicando la protezione.
  • Fuori dall’acqua: Nessuna barriera fisica attenua l’energia che raggiunge la pelle. Oltre ai raggi diretti, quelli riflessi da superfici chiare come la sabbia incrementano il carico UV, rendendo l’abbronzatura più marcata e più rischiosa se non si utilizzano creme solari ad ampio spettro e un’adeguata protezione .

È fondamentale ricordare che anche stando sotto un ombrellone o all’ombra, i raggi UV arrivano comunque sulla pelle grazie ai fenomeni di rifrazione e diffusione, motivo per cui nessun contesto garantisce una protezione totale in assenza di filtri fisici o solari.

Conseguenze e raccomandazioni per l’esposizione

La salute della pelle risente fortemente delle modalità di esposizione al sole. Più la dose di raggi UV ricevuta è elevata, maggiore è il rischio di danni acuti (scottature) e cronici (invecchiamento, tumori cutanei). Perciò, sia che ci si trovi in acqua sia fuori, è essenziale adottare alcune precauzioni:

  • Utilizzare sempre creme solari ad alto SPF, riapplicandole spesso, soprattutto dopo il bagno o in presenza di sudorazione.
  • Prediligere orari di esposizione meno rischiosi, evitando il sole intenso tra le 12:00 e le 16:00.
  • Indossare cappelli, occhiali da sole e indumenti tecnici quanto più possibile.
  • Mantenere una corretta idratazione per supportare la funzione di barriera della pelle.

Questi accorgimenti permettono di ridurre sensibilmente i rischi associati all’abbronzatura e di proteggere la salute cutanea sia nel breve che nel lungo periodo.

Concludendo, si può affermare che ci si abbronza di più fuori dall’acqua, perché la pelle riceve una dose maggiore di radiazione UV diretta e riflessa, mentre l’acqua fornisce una schermatura (parziale e inefficace per una protezione reale) solo per una parte della radiazione. Tuttavia, la differenza non è tale da consentire di trascurare la protezione solare anche durante la permanenza in acqua. È proprio questo uno dei motivi per cui molte scottature avvengono quando meno ce lo aspettiamo: l’acqua dà sollievo ma non protegge. Occorre pertanto seguire sempre comportamenti prudenti e informati per esporre la pelle al sole in sicurezza e responsabilità, ricordando che l’abbronzatura è un meccanismo di difesa, mai un obiettivo da raggiungere a tutti i costi.

Per approfondire aspetti tecnici sull’azione delle radiazioni solari, è possibile consultare la voce raggi ultravioletti.

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